Robot Carnival | Recensione: È davvero lo stato dell’arte di fine anni ’80?

 

Robot Carnival: Corto di apertura e chiusura

Mettere insieme diversi corti di animazione accomunati da un tema specifico? No, non stiamo parlando di Love, Death & Robots, bensì di Robot Carnival (Robotto Kānibaru), il primo esperimento in tal senso, uscito in Giappone nel 1987.

Quest'opera, nata dalla mente del produttore Nomura Kazufumi, nacque con lo scopo di mostrare al mondo lo stato dell'arte dell'animazione giapponese di quegli anni, per questa ragione abbiamo tra gli ideatori persone del calibro di Otomo Katsuhiro (Akira, Memories, Steamboy...), Sadamoto Yoshiyuki (Punta al Top! Gunbuster, Nadia - Il mistero della pietra azzurra, Neon Genesis Evangelion, FLCL...) e il celebre compositore Hisaishi Joe.

Robot Carnival: Furanken no Haguruma

L'OAV si articola di otto cortometraggi autoconclusivi della durata media di una decina di minuti. Ognuno di essi racconterà una breve storia che avrà sempre come focus i robot. Andiamo ad analizzarne brevemente le trame:

  1. Corto di apertura e chiusura: un enorme mezzo semovente, dall’aspetto circense e abitato solo da robot, fa la sua comparsa.
  2. Furanken no Haguruma (Franken's gear): una rivisitazione del celebre romanzo di Frankenstein in cui uno scienziato cerca di portare “in vita” un robot.
  3. Deprive: un androide intraprende un epico scontro per salvare la sua amata. 
  4. Presence: un uomo solitario crea una bellissima ginoide, la quale però sviluppa una sua personalità.
  5. Starlight Angel: una gita di due amiche ad un centro di divertimenti futuristico si trasforma in un’avventura insolita. 
  6. Cloud: un piccolo robot intraprende un percorso di crescita vagando in solitudine per diversi scenari.
  7. Meiji Karakuri Bunmei Kitan (A tale of two robots): uno scontro tra mecha assolutamente improbabile ambientato durante il periodo Meiji.
  8. Niwatori Otoko to Akia Kubi (Red chicken head guy): un uomo compie una rocambolesca fuga dall’invasione delle macchine.

Robot Carnival: Deprive

Si tratta quindi di opere molto variegate, le quali si focalizzano anche su aspetti diversi. La maggior parte dei corti presenta una trama quasi nulla, puntando tutto sulla qualità tecnica mostrata a schermo, come nel caso del Corto di apertura e chiusura, Furanken no Haguruma, Deprive, Starlight Angel e Niwatori Otoko to Akia Kubi.

Robot Carnival: Presence

Gli altri tre rimasti, si focalizzano su diverse caratteristiche: Presence è infatti molto più profondo e introspettivo, ha una trama più strutturata e, con una durata di circa 20 minuti, risulta il film più lungo. Cloud anch’esso risulta più contemplativo e filosofico, senza avere però una trama vera e propria; infine, Meiji Karakuri Bunmei Kitan, risulta particolarmente bizzarro e penso che il suo scopo principale fosse proprio quello di mostrare un’opera dalla storia molto originale e insolita.

Robot Carnival: Starlight Angel

Passando al livello tecnico, abbiamo ovviamente una moltitudine di stili, seppure a grandi linee mantengano tutti gli stilemi classici delle opere giapponesi di fine anni ’80, mentre la qualità delle animazioni, seppur sempre buona, risulta abbastanza altalenante.

Senz’altro l’aspetto che più differenzia le opere è il character design, che tra alcuni corti risulta molto diverso; un cenno va poi fatto alla colonna sonora, assai gradevole e oltremodo importante per questo OAV, dal momento che la maggior parte delle storie raccontate al suo interno non contengono parlato.

Robot Carnival: Cloud

Tirando le somme, posso dire che Robot Carnival sia senz’altro un prodotto non adattato ad un grande pubblico, bensì solamente a coloro che sono appassionati/e di animazione. Personalmente mi sono approcciato a questo prodotto animato con delle buone aspettative, che però ahimè non sono state del tutto soddisfatte.

La maggior parte dei cortometraggi risultano infatti fini a sé stessi, senza che ti lascino qualcosa a fine visione. Fatta eccezione per Presence, che trasmette emozioni e si è rivelato toccante, concluso il film ci si ritrova con un senso di vuoto. Ho trovato abbastanza godibili le animazioni, ma onestamente non tutte fanno gridare al miracolo, come invece mi sarei aspettato da un’opera che fa della sua qualità tecnica il suo principale punto di forza.

Robot Carnival: Meiji Karakuri Bunmei Kitan

In conclusione, Robot Carnival è un’opera interessante e sperimentale, che però non riesce a compiere pienamente il suo scopo. Ne consiglio la visione solo se siete particolarmente appassionati di animazione giapponese o se magari state recuperando le opere di uno degli autori che ha lavorato a questo OAV.

Voto: 7

Robot Carnival: Niwatori Otoko to Akia Kubi

Nota a margine: per la prima volta ho recensito un'opera antologica, devo dire che non è stato semplice, poichè bisogna cercare di parlare degli aspetti generali che accomunano tutti i cortometraggi ma al contempo spiegarne le differenze. In ogni caso, missione compiuta, spero vi sia piaciuta!

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